Rocchetta Selz, il paradiso dei baristi – aprile 2018

Partiamo alle ore 7:15 da Plemo e forse era meglio anticipare perché la giornata si annuncia calda. La mulattiera molto ripida serve alcune graziose cascine, innestandosi sul 735 all’altezza del Dosso dei Porti. La strada sale inesorabile senza concedere pause, benché l’immancabile simpaticone del gruppo non perda occasione per ricordare che… “tra un momento spiana!”. Aspetteremo a lungo quel momento.

Superiamo Splasere e Guillo, una sorta di Beverly Hills tra i monti di Esine, dove la mulattiera torna sentiero e si addentra nel bosco. Il Generale Inverno batte in ritirata, la primavera è ovunque: il melodioso rumore del disgelo; canti di cince, fringuelli, merli e luì piccolo; fioriture da cartolina, per la gioia dei fotografi, compreso il ciliegio che ispirò Angelo Branduardi. Due amici allergici alle graminacee non condividono appieno il nostro entusiasmo.

Dietro al Dosso di Selz (1000 m.s.l.m.) il sentiero si allarga in un pianoro nel bosco, con una pozza d’acqua e un rudere di vecchia cascina. È il segnale per abbandonare il 735 (che gira a sinistra) e proseguire dritti verso la leggendaria Valle del Cul (absit iniuria verbis), affluente di destra della più celebre Valle dell’Inferno. Pochi metri sopra di noi una famiglia di camosci ci dà il benvenuto: il primo di una lunga serie di avvistamenti. Il tratto di sentiero è agevole e resta sulla destra orografica del Cul, che viene poi superato grazie a un ponte in cemento costruito a servizio delle prese idroelettriche. La condotta forzata scende a precipizio per poi risalire l’altro versante fino al Bacino Resio, che si trova proprio di fronte a noi. Dopo il ponte il sentiero di perde. Bisogna continuare a risalire tenendo il Cul a sinistra e la Rocchetta Selz a destra, sormontata da una croce enorme. È il tratto più impegnativo della gita, da affrontare con testa, gambe e mani.

Finalmente si aggira l’ultimo dosso e si arriva alle spalle di Rocchetta Selz, incrociando un comodo sentiero che risale da malga Pianazzo. Volendo si potrebbe tornare a Plemo da lì, passando dal Rifugio Budech, ma noi abbiamo ben altri programmi! Dal crinale si domina la Valle dell’Inferno, la zona più selvaggia del circondario e, mantenendoci in cresta, puntiamo il Dosso del Giustadur (1732 m.s.l.m.) e La Pozza di Scandolaro. È un sentiero stupendo, perfetto per avvistare camosci e cervi. Uno splendido maschio che non ha ancora perso il palco scorta la compagna e il cerbiatto. Sarà lo stesso che ha disseminato tracce per tutto il sentiero? Ne abbiamo raccolte a piene mani!

Alla Pozza rientriamo nella civiltà dei sentieri segnati dal CAI. Il 735 ci conduce in discesa fino a Fondo di Scandolaro (1452 s.l.m.). Il camoscio nel bosco è incluso nel prezzo. Due amici diversamente giovani si avventurano a ridiscendere la Valle dell’Inferno (sentiero 730): ne vedranno delle belle; la Valle è in piena e non va sottovalutata.

Noi invece proseguiamo stolidi verso i Roselli. A Roselletto mettiamo le ciaspole: la neve è alta. A Rosello di Sopra salutiamo il rifugio: sarebbe bello poter gustare i manicaretti di Milena, ma per l’apertura dobbiamo attendere ancora un mesetto. Seguendo il 3V Variante Bassa, raggiungiamo il Plan di Bassinale, dove abbiamo sagacemente lasciato l’auto la sera prima. Sono le 17:15.

Plemo-Bassinale: 10 ore di cammino, 2000 metri di dislivello, arranco verso il passo degli Ebrei. Ecco, finalmente… SPIANA!

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