Il sentiero dei camosci – aprile 2017

Con il disgelo primaverile, la neve libera i pascoli dei versanti solivi invitando gli erbivori di montagna a banchettare dopo i rigori invernali. L’anno scorso ci capitò di imbatterci in un nutrito branco di camosci nei pressi di Baita Prada, in comune di Bovegno, malga ricca di prati esposti al sole e ripidi anfratti dove rifugiarsi in caso di pericolo. Un luogo ideale per il selvatico, tanto che una delle vie d’accesso è detta non a caso “il sentiero dei camosci” (n. 339 A, da Baita Prada a Foppa del Mercato). Con la nostra mentalità da cittadini, che si accostano alla montagna come se fosse un giardino zoologico con tanto di orari di visita, decidiamo di ripetere la medesima escursione a distanza di dodici mesi, certi di ritrovarli là: se c’erano l’anno scorso, ci saranno anche quest’anno…

Animati dal migliore entusiasmo, alle ore 7:30 raggiungiamo Le Baite di Montecampione (1730 m), dove lasciamo l’auto e iniziamo la gita seguendo il sentiero 337, che coincide con la tappa numero 4 dell’itinerario “Via dei Silter” (cfr. la guida edita da ERSAF “Montagne di Valgrigna”).

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Alla partenza, il fondo è ghiacciato e si rischia qualche capitombolo sulle lastre, ma ben presto la temperatura si alzerà e suderemo non poco nel nostro inadeguato abbigliamento invernale. Transitando da Poffe di Baccinale (1650 m), si aggira il Muffetto dal basso, arrivando in Valtrompia. Un sentiero lungo e agevole scende attraverso malga Pile (1554 m), Cascina Vestone (1483 m) e Bonaldo (1129 m, il punto più basso dell’anello), per poi risalire a Bozzoline di Sotto (1234 m) e giungere infine al bivacco Capanna Remedio (1446 m), la nostra prima tappa. Finora abbiamo attraversato un paesaggio per certi versi autunnale, con pascoli ingrigiti punteggiati qua e là dai primi crochi e dall’erica. Al contrario, nella splendida faggeta attorno a Bonaldo, si respira aria di primavera tra canti di cince e di merli e i primi germogli.

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Il bivacco Capanna Remedio è pulito e accogliente (complimenti al CAI di Bovegno!) e i più saggi della compagnia suggeriscono di fermarsi senz’altro qui per pranzare al sacco, tanto più che camminiamo ormai da quattro ore, con un dislivello non banale e sotto un sole caldo. Ma troppa è la fregola di incontrare i nostri amici camosci che, ovviamente, ci stanno già aspettando al luogo dell’appuntamento. Via che si riparte, lungo il sentiero 339, risalendo fino a Baita Prada (1720 m). Il paesaggio torna spoglio e austero, reso maestoso dalle notevoli pareti rocciose che sovrastano il versante e da un cielo blu da cartolina. Spicca il verde vivo dei fili d’erba che stanno ricrescendo dalle stoppie bruciate e alcuni abeti in lontananza. La fauna sonnecchia: avvistiamo solamente qualche rondone alpino e un gheppio. Una coppia di corvi imperiali ci accompagna a lungo volteggiando sopra di noi: evidentemente il nostro stato di forma ha creato in loro qualche aspettativa…

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Arrivati a Baita Prada, i camosci… colpo di scena… NON CI SONO!

Da parte mia, supero lo shock senza troppi patemi, stravaccandomi sul tavolato del bivacco e azzannando i miei tre/quattro panini farciti di vitello tonnato: dopo sei ore di marcia, le proteine animali sanno essere affascinanti anche per via orale. Ma il mio compagno non si dà pace, si sente tradito dai suoi amici a quattro zampe. Tocca a me spiegargli che i selvatici non sono ragionieri che vanno nella stessa pizzeria a ordinare la stessa pizza per vent’anni di fila. Sono selvatici, appunto! Chissà dove sono ora, certo a chilometri da qui! Mentre almanacchiamo, profondendoci in spiegazioni sull’etologia della fauna alpina, che noi “ben conosciamo”, l’unica donna del gruppo ci chiama fuori dal bivacco, indicando un prato sottostante: « Eccoli là ». Uno, due, tre… dodici! Sì, sono proprio loro: il “nostro” branco! Visto, che ti dicevo io, a chilometri da qui… Mentre uno vigila dall’alto di una roccia, gli altri pascolano e si rincorrono nei prati. Purtroppo restano sempre fuori dalla nostra portata fotografica, sicché non ci resta che sbinocolare a lungo. Poi, sazi e soddisfatti, riprendiamo la via del rientro. Completeremo l’anello da monte, risalendo fino al 3V (si devono seguire le indicazioni per il Muffetto, ma il sentiero è difficile da individuare). Si tocca il punto più alto del percorso sulle cime Toricella (2012 m) e Mura (1913 m), per poi tornare sul 3V Variante Bassa all’altezza della Stanga di Bassinale e raggiungere le auto.

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Totale generale della gita: quindici chilometri percorsi, otto ore di cammino, mille metri di dislivello e, soprattutto, dodici camosci avvistati. L’appuntamento è per l’anno prossimo …alla stessa pizzeria.

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